ANN0 2007 - IL PRINCIPATO DI BALLARO'

 

Il principato di Ballarò

Il principato di Ballarò è uno stato indipendente che si trova nel cuore dell’antica Palermo, sulla strada che collega corso Tukory a Casa Professa. Se qualcuno dovesse attraversarlo per la prima volta avrebbe l’impressione di trovarsi in un porto franco ed in una zona della città senza le regole dello stato Italiano, dove l’anarchia regna. In realtà non è così. Il mercato ha delle regole che si sono sviluppate nei secoli, parallelamente a quelle delle varie dominazioni che si sono susseguite. Questo è un mercato dove si commercia ogni tipo di genere alimentare, ma non solo, vi sono anche gioiellerie, negozi, pasticcerie, taverne. Una cosa che si nota subito è che ancor oggi quasi tutti i commercianti non emettono lo scontrino fiscale. Da questo già si percepisce che si è in un luogo dove nessuno paga le tasse o quantomeno le evade. Basta un metro quadrato di spazio o meno per aprire un esercizio commerciale ad esempio di frutta e verdura, naturalmente la licenza non viene rilasciata dalla camera di commercio, ma dai commercianti vicini con il benestare dello zio di turno. Questo tipo di esercizio volante, spesso formatto da cassette di legno sulle quali viene riposto un piano di vendita formato da una tavola, può essere posizionato ovunque, anche al centro di una strada, l’importante è che si lasci uno spazio di almeno 40 centimetri tutto intorno, quello necessario a far passare una persona con sacchetti di plastica pieni di spesa. La zona,come il terminal di un aeroporto, ha i suoi posteggi con personale addetto che gestisce con efficienza Svizzera il movimento delle auto. La disposizione delle macchine, a seconda dell’afflusso dei mezzi, assume le seguenti disposizioni:a spina di pesce su carreggiata e marciapiede, in doppia fila e nelle strade senza uscita incolonnamento a saturazione. Naturalmente per far funzionare questi parcheggi speciali ad altissima efficienza a compressione ci vogliono delle menti eccelse come quelle dei posteggiatori di Ballarò. Non vi posso descrivere quale immenso piacere e soddisfazione si prova a lasciare l’auto e le chiavi in mezzo alla corsia di una strada, quando tutto intorno è bloccato o vi sono centinaia di macchine che procedono a passo d’uomo. Se venite a Palermo è doveroso provare. Gli addetti stradali sistemeranno la macchina in qualche modo e ve la consegneranno per la modica cifra di mille lire, oggi 50 centesimi. Questa è l’unica tassa che si paga per entrare al mercato d Ballarò. In questo mercato non sono rispettate le vigenti norme e regole alimentari per conservare i cibi. Ad esempio la carne bovina, suina o ovina viene appesa all’aria aperta sia per essere esposta, tipo cartellone pubblicitario, sia per eseguire la frollatura della stessa, quel processo naturale che permette alla carne d’intenerirsi.
Ricordo un macellaio, carnezziere, che quest’anno nel periodo di Pasqua addobbò l’ingresso del proprio esercizio commerciale con agnelli e capretti appesi come angeli volanti contornati da un tripudio di salsicce ad archi inversi. Sembrava di stare davanti la Cappella Sistina dei macellai. Questo modo di gestire la carne naturalmente è vecchio di millenni ed è forse nato con la caccia e, tutto sommato, non è antigienico in quanto la carne per essere consumata deve essere cotta e quindi sterilizzata. Il pesce, invece, viene esposto in modo coreografico su lastre di ghiaccio, ove chiunque può osservarlo bene e toccarlo per verificarne la freschezza. Questi palcoscenici sono illuminati con lampade da 500 watt che fanno risaltare i colori della mercanzia. Il prezzo del pesce è variabile da giorno a giorno, esso viene fissato alle 9 del mattino dai venditori più grossi, poi gli altri adeguano i loro listini. In funzione della temperature climatica, dell’abbondanza e dell’afflusso di acquirenti, il prezzo del pesce varia anche nell’arco dello stesso giorno, di solito al ribasso rispetto a quello fissato al mattino. Questo sta a dimostrare che il mercato funziona come una borsa finanziaria. Ricordo un episodio e cioè i venditori d’insalata verde un giorno decisero di chiudere le loro baracche per una settimana, in quanto il prezzo della lattuga all’ingrosso era stato triplicato e quasi nessuno acquistava più questo tipo di verdura. Si era avuto un eccesso di rialzo nel listino di borsa.
Funzione importantissima di questo mercato è quella di calmierare i prezzi dell’intera città. Pagando i commercianti pochissime tasse ed evadendo il fisco, riescono ad abbassare i prezzi rispetto a quelli dell’intera città di circa il 30%. In questo modo il mercato assume per la città di Palermo una funzione sociale importantissima permettendo a più indigenti di sopravvivere. La spesa più importante viene fatta dalle massaie o dai capofamiglia in prevalenza il sabato mattino, giorno fieristico per l’afflusso di visitatori. All’interno del mercato, poi, vivono alcuni tipi di commercio ormai in estinzione tipo: il venditore di olive, il venditore di sarde salate e pesci essiccati in genere, il venditore di frattaglie, il quarumaro, etc. Una cosa caratteristica è che in alcuni punti del mercato a mezzogiorno viene effettuato il servizio per arrostire il pesce con la carbonella, naturalmente in mezzo ad una strada. Così molti comprano sgombri o tonno li affanno cucinare e li portano a casa caldi, pronti per essere mangiati subito, oppure con una mafalda imbottita (pane di circa 200 g) mangiano subito sul posto ciò che è stato arrostito. Mafalda e tonno è sicuramente un pranzo da re. La cosa comunque più incredibile di questo stato è che esso ancora oggi continui a vivere con le sue regole infischiandosene del governo di turno e che nessun governo si è mai accorto che esso esista. L’unica cosa che relaziona il mercato agli organi di governo è una tabella 1 metro x 2 metri, con l’indicazione “Mercato di Ballarò”, che è stata posta a ridosso dello stesso mercato da qualche anno.
Questo mercato così com’è andrebbe preservato per essere donato un domani ai nostri figli con le sue millenarie tradizioni. Mi piacerebbe molto se venisse fatta una legge per dichiarare Ballarò area protetta con i suoi abitanti, come quella degli indiani d’America.
Dimenticavo la voce del mercato è l’abbanniata canto per pubblicizzare la merce: «Aiu a trippaaaaa!». Questo in particolare è del sig. Joè quarumaro dell’omonimo esercizio commerciale. Ascoltare dal vivo per credere. Ma questa è un’altra storia.

Commenti