La Cucinera
La
Cucinera
La
(Zia) Cucinera da bambina era sta sempre un po' grossetta. Lei aveva
appreso dalla sua mamma tutte le arti culinarie: sapeva cucinare
pasticci di lasagne, tagliatelle al ragù, polpettine e falsomagro a
stufato con concentrato di pomodoro,timballo di riso al sugo, carni
arrosto e dolci di ogni specie e qualità. La sua cucine era molto
elaborata, per le feste comandate poi, succedeva che i lavori per
preparare il pranzo per tutti parenti duravano giorni; perché lei
diceva che un buon piatto può essere gustato in 5 minuti, ma per
essere veramente buono i tempi di preparazione e cottura possono
durare giorni: ogni fase delle preparazione ha bisogno di attenzione,
precisione, estro e amore. La sua cucina somigliava ad un campo di
battaglia, piatti sporchi nel lavandino, strofinacci appesi alla
porta, bucce di patate sul tavolo, molliche di pane sparse sul
pavimento, salsa di pomodoro attaccata sulle mattonelle mentre una
nube d'olio di frittura completava il quadretto. Entrare in quella
cucine era un esperienza incredibile, in quanto gli odori di tutte le
pietanze si mischiavano in un unico grande odore che preannunciava la
grande abbuffata, annusando si riusciva ad immaginare l'intero pasto
in pochi secondi.
Nel
preparare i suoi piatti lei speso assaggiava le pietanze, non solo
per ricercare la perfezione del piatto, ma soprattutto per gola. Se
qualcuno le avesse chiesto cosa avesse mangiato durante la
preparazione dei cibi, lei avrebbe risposto che nessun cibo aveva
incontrato la sua bocca , che era completamente digiuna. Lei forse
cancellava queste azioni , così, spesso, diceva che il suo aumento
di peso era dovuto dagli odori buoni della sua cucina e dall'acqua
che beveva. Il modo in cui lo diceva era così convincente che tutti
i suoi parenti dopo qualche anno cominciarono a crederLe. Tutti erano
convinti che lei ingrassava solamente con aria, “odori” e acqua.
I principali clienti della cucina della Cuninera erano i nipoti e
pronipoti fino alla terza generazione. Ognuno di loro aveva un
compleanno od un onomastico da festeggiare, un piatto amato in modo
particolare, così per quasi ogni giorno dell'anno o per molti di
essi c'era sempre un pranzo da preparare una specialità da gustare.
I pranzi più importanti dell'anno erano il pranzo di Natale e quello
di Pasqua, dove non potava mancare nessuno dei parenti. Negli anni
naturalmente qualcuno cominciò anche a far parte di altre famiglie e
quindi si assentava per partecipare ad altri convivi, ma nel
pomeriggio una passaggio dalla piccola casa si sarebbe fatto sempre.
C'era sempre la possibilità di riempire un cannolo con creme secondo
i propri gusti.
Nel caso di pranzi importanti, i tavoli per i commensali dovevano essere più di uno e distribuiti nelle varie stanze dei casa, mentre il letto matrimoniale della stanza da letto diventava il deposito di tutti i cappotti, ovvero il letto di appoggio dove far dormire qualche bimbo piccolo. Era una magia: una tavolo nel salottino per gli adulti, uno per i mezzani nel tinello ed una piccolo per i bambini in cucina; cosi il numero dei commensali poteva benissimo raggiungere il numero di trenta ( in siciliano diremmo: “ a casa cape quantu vole patrune” la casa è capiente secondo il volere del padrone di casa). Nella piccola casa nessuno si sentiva solo, tutti si sedevano stretti stretti diventando come un unico essere, i rumori di ogni ambiente si mischiavano fino a diventare un unico grande rumore. Gli unici spettatori erano i defunti che dalle loro fotografie, circondate di rose bianche colte nel giardinetto del palazzo, osservavano compiaciuti la loro discendenza nel cibarsi e crescere. Per questo fatto fin da piccolo e tutt'ora sono convinto che quello era una specie di tempio e la Cucinera la sua sacerdotessa, con riti ben cadenzati durante il corso dell'anno e delle stagioni. Forse la matriarca ( nonna Rosi) prima di morire le aveva lasciato un libro segreto di ricette con spiegazioni accurate e precise in modo che i piatti degli avi vivessero per sempre, e sicuramente quei piatti erano i legame fra tutti i componenti del suo clan. Tutti conoscevano le melenzanine ripiene, i carciofi imbottiti, i sospiri di savogliardi e crema di latte con dodici tuorli, riso nero (il riso con cioccolato )e cannoli di crema bianca, nera e di ricotta, da riempire e consumare subito ad ogni fine pasto, come fossero sigilli. Negli anni qualche nuova pietanza entrava a far parte della tradizione. Una di queste fu sicuramente gli involtini di pasta al sugo, melanzana fritta e ricotta salta, infornati. Una versione rivista e corretta della pasta alla Norma.
I nipotini, rimanendo sempre più che soddisfatti del pranzo, si esibivano per tutti i commensali con canti ed esibizioni teatrali, recitando poesie o cantando, indossando vecchi abiti del baule e coperte, risalenti all'ultima guerra. Ogni esibizione era sempre accompagnata da un giro di piattino per raccogliere qualche spicciolo, da spendere poi in caramelle gelati e granite; e la Zie erano sempre pronte a dare le monete ai loro piccoli. Altra particolarità dei pranzi che si consumavano in quel tempio era che non c'era distinzione fra pranzo e cena: infatti dopo il caffé vi era sempre il rosolio, dopo le paste di mandorle e gli amaretti, dopo mezzora tra un giro si sette e mezzo e l'altro spuntava per incanto sulla tavola una guantiera di frutta secca, dopo la merendina dei bambini:cannoli in inverno pane bianco e pomodoro in estate; verso le sette già lei era rientrata nella sua officina per preparare speciali focacce ( pizza ) e pitoni (calzoni fritti ripieni di indiva ricci, acciuga, fromaggio, pezzettini di pomodoro, olio sale pepe), che venivano immediatamente consumanti da tutti. La sera dopo il pranzo-cena tutti rientravano nelle loro abitazione tranne i parenti che venivano da lontano e che dimoravano nella piccola casa, che per l'occasione si trasformava in un albergo ostello. Lei però quando si coricava già era e proiettata per il pranzo del giorno successivo, già immaginava una nuova pietanza per ammaliare tutti i suoi parenti e prima di coricarsi montava la panna per le granite al caffé o alla fragola, da accompagnare a brioches col tuppo, che avrebbe servito alla colazione del giorno dopo, l'inizio di un nuovo pranzo.
(
dedicata ad una zia veramente speciale, zia Anna).
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